Gli integratori utili per contrastare la caduta dei capelli

I nostri capelli sono fatti di minerali, grassi, proteine, acqua, tutte sostanze contenute negli alimenti e fondamentali per salvaguardare la salute e l’aspetto della nostra capigliatura. L’alimentazione è importante per tutte le funzioni del nostro organismo, ed abbiamo già visto quanto sia indispensabile alla costituzione e alla crescita dei nostri capelli. Le carenze nutritive e gli sbalzi improvvisi di peso dovuti a diete dimagranti drastiche indeboliscono i nostri capelli rendendoli più fragili e sensibili, li privano di lucentezza, morbidezza e vitalità, ne riducono il diametro e, nei casi più estremi, ne causano anche la caduta (il cosiddetto “defluvium”).
Bisogna inoltre prestare particolare attenzione soprattutto alle carenze alimentari di acidi grassi essenziali (EFA), vitamine, ferro: è proprio per questo che spesso si ricorre all’utilizzo di integratori alimentari.
Gli integratori possono essere utili per contrastare la caduta diffusa dei capelli in fase “telogen” o fase di riposo. Vengono di solito associati a cure specifiche topiche allo scopo di creare una sinergia d’azione.

Gli integratori risultano utili:

  • come coadiuvanti ad una terapia specifica anticaduta, poiché integrano alcune carenze evidenziate dagli esami del sangue;
  • in tutti quei casi in cui la perdita o i problemi dei capelli sono legati a stress, debilitazione fisica dovuta a una lunga malattia, all’uso di certi farmaci come gli antibiotici, o nel caso ci si sia sottoposti ad una dieta drastica.
  • ai cambi di stagione, nei quali i capelli risentono degli sbalzi ormonali tipici di questi periodi dell’anno;
  • nella caduta di capelli che colpisce le donne dopo una gravidanza (effluvium post-partum);
  • in caso di seborrea (eccesso di sebo che rende untuosa e maleodorante la capigliatura);
  • nella perdita di capelli causata da trattamenti antitumorali (come la Radioterapia e la Chemioterapia).

In base al meccanismo d’azione gli integratori possono essere distinti principalmente in quelli aventi:

  • Azione sul microcircolo
  • Azione di tipo trofico
  • Azione antiossidante
  • Ottimizzazione della fase catagen (è la fase transitoria che segnala la fine della crescita del capello)
  • Contrasto dell’infiammazione peribulbare

Ecco una carrellate delle principali sostanze utili alla crescita e al rinforzo della capigliatura:

OLIGOPROANTOCIANIDINE (OPC)
Sono dei flavonoidi contenuti in elevata quantità nei semi d’uva rossa, prontamente assorbite e dotate di una elevata biodisponibilità (a differenza di altri bioflavonoidi); presentano:

  • AZIONE VASOPROTETTIVA
    Le OPC migliorano la microcircolazione, cui si deve il trasporto dei nutrienti
  • AZIONE ANTIOSSIDANTE
    Le OPC proteggono il follicolo dai radicali liberi

CATECHINE
Sono flavonoidi estratti dalle foglie essiccate del thè verde.
L’attività biologica delle catechine è attribuibile ai suoi componenti polifenolici e hanno:

  • AZIONE ANTIOSSIDANTE
  • AZIONE ANTINFIAMMATORIA

TAURINA
E’ un aminoacido solforato essenziale, prodotta dall’organismo a partire dalla CISTEINA.
MECCANISMO D’AZIONE:

  • Regolazione sintesi collagene
  • Regolazione del metabolismo del tessuto connettivo peripilare
  • Limita le alterazioni della guaina connettivale del bulbo che si manifestano nell’invecchiamento del cuoio capelluto e nell’alopecia
  • Protezione del follicolo dalle aggressioni esterne

ESTRATTO DI SERENOA REPENS
La SERENOA REPENS è una palma nana tipica della Florida. Contiene una buona quantità di ACIDI GRASSI dai quali si estrae il principio β-SITOSTERINA.
E’ utile per contrastare l’alopecia androgenetica: rappresenta un’alternativa naturale al trattamento farmacologico con finasteride.

ISOFLAVONI DI SOIA
Gli ISOFLAVONI sono molecole naturali presenti in vari vegetali ed in particolare nella soia. Possiedono una struttura molto simile a quella degli estrogeni, e sono perciò definiti FITOESTROGENI. E’ stato dimostrato che gli isoflavoni hanno un effetto positivo sulla crescita dei capelli in colture di follicoli piliferi umani.

ACIDO GAMMA LINOLENICO (GLA)
Nel mondo vegetale si trova in considerevoli quantità in borago officinalis, oenothera biennis e ribes nero; tra questi, l’olio di borragine vanta il più alto contenuto in GLA.
L’acido gamma linolenico, riducendo la perdita di acqua dallo strato corneo, consente un miglior nutrimento del bulbo pilifero.

POLIAMINE
Le poliamine sono presenti in moltissimi alimenti di uso comune come latte, formaggi, cereali, carne. E’ stato riscontrato che alcune poliamine svolgono un ruolo determinante nei processi di crescita e di differenziazione cellulare. Sono in grado di agire su specifici recettori situati a livello della guaina epiteliale esterna del follicolo pilifero: la stimolazione di questi recettori permette di attivare a livello della papilla dermica fattori di crescita cellulari fondamentali per lo sviluppo e la salute del capello.

VITAMINE

  • A (retinolo): è indispensabile per la rigenerazione dei tessuti, contribuisce al buon funzionamento del cuoio capelluto. E’ indicata nel trattamento dei capelli che si spezzano.
  • B2 (riboflavina): è utile per la crescita dei capelli.
  • B5 (acido pantotenico): contribuisce attivamente alla buona conservazione della pelle e dei capelli; riduce la formazione delle doppie punte e in caso di carenza favorisce un precoce ingrigimento dei capelli.
  • B6 (piridossina): combatte la seborrea, favorisce la ricrescita dei capelli e protegge la salute del cuoio capelluto. Influisce sulla cistina, un aminoacido solforato indispensabile al processo di cheratinizzazione delle cellule, che conferisce, quindi, resistenza alla cheratina dei capelli.
  • B8 o H (biotina): combatte la caduta dei capelli, seborrea.
  • C (acido ascorbico): conserva l’integrità del cuoio capelluto; agevola la crescita dei capelli. Combatte i processi di invecchiamento delle cellule. Favorisce l’assorbimento del Ferro, minerale presente nella composizione chimica del capello.

Gli integratori per la caduta dei capelli devono esser assunti quotidianamente per un periodo lungo di circa tre mesi, in associazione ad una terapia topica (soluzioni capillari). La ricrescita potrà essere visibile dopo circa 4 mesi di trattamento.

Integratori e benessere cutaneo in inverno

In alcuni periodi dell’anno e con determinate condizioni climatiche, la pelle può alterarsi. Il principale responsabile delle alterazioni cutanee, che poi portano a secchezza, sensazione di “pelle che tira”, è lo sbilanciamento idrolipidico degli strati cutanei più esterni.
Ripristinare l’idratazione della pelle è estremamente importante anche nei casi di semplice secchezza cutanea.

L’integrazione nutrizionale può intervenire positivamente sulla secchezza cutanea grazie all’assunzione di collagene idrolizzato arricchito di aminoacidi, come glicina, acido glutammico, lisina, prolina e valina, che incrementano significativamente il grado di idratazione cutanea, stimolando sistemi enzimatici preposti alla sintesi di PCA (acido pirrolidon carbossilico), uno dei più rappresentativi componenti del fattore di idratazione naturale (NMF) della pelle.

L’integrazione con acidi grassi polinsaturi (PUFA) consente di ripristinare la funzionalità delle membrane cellulari laddove vi sia carenza di PUFA dovuta a malassorbimento lipidico, ridotta produzione degli stessi, legati all’età, a diete non equilibrate, a danno indotto dai radicali liberi. La funzione delle membrane cellulari viene meno in relazione alla perdita di fluidità delle stesse, cui consegue una serie di condizioni come ad esempio difettosa funzione di barriera o incremento della desquamazione.
L’assunzione di valina, leucina e isoleucina, precursori degli acidi della serie omega 6, ne ottimizza la sintesi; con le medesime finalità è prezioso il contributo della vitamina F, che è composta da un pool di acidi grassi essenziali; a propria volta, le vitamine C, E, betacarotene, biotina, gruppo B possono svolgere indirettamente una funzione positiva a carico dell’idratazione cutanea.
La più recente acquisizione in materia di idratazione è rappresentata dalla possibilità di introdurre in un integratore nutrizionale le ceramidi (in particolare del riso) che hanno mostrato una spiccata azione idratante.

Anche l’uso di antiossidanti risulta importante, se non addirittura essenziale, in relazione al positivo ruolo di supporto alle difese fisiologiche dell’organismo in caso di stress ossidativo.
La pelle, seppur fisiologicamente attrezzata a controbilanciare questo esubero di radicali, necessita di un aiuto esterno, poiché spesso i sistemi biologici non riescono a far fronte alla necessità.

Gli antiossidanti hanno dimostrato di saper esercitare un evidente ruolo benefico per la pelle. Essi rappresentano una classe molto eterogenea di sostanze funzionali: includono, infatti, vitamine, minerali, aminoacidi essenziali, tutte dotate della specifica proprietà, tra le altre, di combattere i radicali liberi.
Tra gli antiossidanti più frequentemente utilizzati nella formulazione di integratori orali ricordiamo: vitamina C, vitamina E, coenzima Q10, acido lipoico, bioflavonoidi, carotenoidi (betacarotene, astaxantina, licopene).

Uno tra i più significativi esempi di bioflavonoidi è il Pycnogenolo, che si annovera tra gli antiossidanti più innovativi. Costituito da procianidine estratte dalla corteccia del pino marittimo francese, è tra i più potenti antiossidanti in grado di ripristinare e prolungare la durata di vitamina C ed E. I carotenoidi costituiscono un’importante famiglia (oltre 600 sostanze) di antiossidanti presenti come pigmenti naturali nei vegetali a foglia verde, in quelli il cui colore va da rosso a giallo/arancio e alcuni frutti di mare e pesci. Numerosi studi condotti sulle proprietà biologiche dei carotenoidi hanno evidenziato l’efficacia antiossidante. Il licopene, carotenoide non prodotto dall’organismo, estratto dal pomodoro, è uno dei più efficaci antiossidanti. Contrasta l’assottigliamento dell’epidermide e l’ispessimento dello strato corneo. Protegge il collagene e l’acido ialuronico e ne stimola la produzione.
E’ utile anche l’apporto di fosfolipidi della soia che mantengono la fluidità e l’integrità delle membrane biologiche. L’N-acetilglucosammina, precursore dell’acido ialuronico, di cui risulta più biodisponibile, eserciterebbe un rimarchevole effetto idratante grazie alla capacità di migliorare il trofismo del derma e, quindi, la sua funzione di sostegno. Il miglioramento del grado di idratazione della pelle rappresenta una condizione essenziale per il conseguimento del benessere cutaneo. Infine l’acido ialuronico (HA) agisce come emolliente della cute umana “dall’interno”. Si utilizzano 35-45 mg/dose di acido ialuronico a basso peso molecolare (preferibilmente tra 50.000 e 200.000 Dalton), in grado di essere assorbito oralmente attraverso integratori alimentari.

Esiste una complementarietà tra integratori alimentari e prodotti dermocosmetici topici. Si tratta di sinergie d’effetto tra sostanze funzionali applicate localmente, là dove il problema fa la sua comparsa, ed altre agenti dall’interno finalizzate alla correzione di una carenza a monte, o per ripristinare funzioni o condizioni alterate cutanee.

Il ruolo degli integratori sta oggi diventando via via sempre più importante in ambito dermocosmetologico. Tale ruolo è giustificato in parte dall’esigenza di praticità, ma soprattutto dalla convinzione sempre più radicata che si possa apparire più “belli” e sani fuori solo se si provvede adeguatamente alle esigenze che l’organismo presenta “dentro”.

Mariuccia Bucci, Dermatologo.

Rinforzare la pelle e capelli dopo l’estate

Al rientro dalle vacanze, la pelle si presenta disidratata dai raggi solari, segnata da macchie scure, rughe ed i capelli sembrano secchi e sbiaditi.

Quel che resta del colore
L’abbronzatura ispessisce la cute, che diventa più secca e meno elastica. Con il passare dei giorni lo strato corneo superficiale inizia a desquamarsi, il colorito si fa disomogeneo, l’epidermide opaca e ruvida. Per dare un colpo di spugna, è necessario eliminare: le cellule morte. L’ideale è un peeling domiciliare delicato a base di acido mandelico o di acido piruvico.

La pelle si rinnova, diventa più elastica e sottile, l’abbronzatura che rimane è luminosa, gli effetti sono visibili subito, ma conviene ripetere il peeling altre due volte, a intervalli di due settimane. Dopo l’esposizione solare occorre reidratare la cute e stimolare la produzione di collagene ed elastina, distrutti dagli ultravioletti.
A tal scopo si possono applicare sulla pelle un mix di attivi (acido ialuronico, vitamine, coenzima Q10), per restituire elasticità e tono a viso e collo.
I chimici svedesi dell’Università di Lund hanno verificato che gli attivi di natura lipidica come gli oli e i grassi vegetali contenuti nella maggior parte dei prodotti di trattamento per la pelle riescono a penetrare meglio la barriera cutanea quando l’epidermide è ben idratata. Qualsiasi prodotto di trattamento, dalle creme antiage ai gel contro le imperfezioni, dalle formule rimpolpanti a quelle anti-macchia, funziona quindi solo se il livello di idratazione è sufficiente.

Per potenziare al massimo l’idratazione è meglio utilizzare sieri ricchi di principi attivi idratanti da applicare due volte al giorno prima del consueto prodotto di trattamento. Meglio ancora se si punta su formule che contengono estratti naturali puri.

Tra gli ingredienti all’avanguardia, si annoverano due fattori di crescita cellulare, alla cui scoperta è stato assegnato il premio Nobel per la medicina e la fisiologia, che stimolano la produzione di fibroblasti. Il più recente è il ciclopeptide-5: sembra che ripristini la dinamica delle cellule che invecchiano, o danneggiate dal sole, e stimoli la riproduzione cellulare. La struttura ciclica ne favorisce il passaggio transdermico, la funzionalità cellulare e la stabilità.

Interessante è anche un estratto da una pianta molto nota: il Lillà (Syringa vulgaris). Tale estratto contiene il verbascoside, un efficace antiossidante in grado di aumentare le difese della pelle che invecchia e di stimolare alcuni enzimi legati alla riparazione cellulare.

Per aumentare la luminosità della pelle si possono utilizzare schiarenti tradizionali in combinazione con una nuova serie di “super-estratti” dalla frutta. Questi ultimi spaziano dalle bacche tibetane di Goji (Lycium barbarum) , elisir di gioventù, ricche di vitamina C (cinquecento volte in più delle arance!), polisaccaridi, flavonoidi e betacarotene, al Chokeberry (Aronia arbutifolia), pianta nordamericana della famiglia delle rosacee, ricca in antocianine, antiradicali liberi. Ottimo è anche il frutto amazzonico detto Camu-Camu (Myrciaria dubia), anch’esso ricchissimo di vitamina C, in grado di aumentare la neosintesi di collagene.

A completamento del trattamento topico cutaneo è utile apportare nutrienti anche per via orale. L’utilizzo simultaneo di integratori e cosmetici permette di attaccare su più fronti strategici la

riparazione cellulare, ottimizzando e accelerando gli effetti cutanei con meccanismi coordinati. È stato così dimostrato che integratori contenenti vitamina A hanno un effetto restitutivo e di protezione del tessuto cutaneo, le vitamine C ed E riducono i danni causati dai radicali liberi, che possono danneggiare collagene ed elastina, mentre vari probiotici favoriscono il recupero delle difese cellulari dopo l’esposizione ai raggi UV.

Gli acidi grassi polinsaturi (vitamina F) svolgono invece un importante ruolo strutturale nelle cellule, partecipano alla sintesi dei lipidi, sono coinvolti nella funzione di barriera cutanea, nei processi infiammatori e immunitari.

Interessanti sono gli attivi come fitoene e fitofluene: due carotenoidi incolori ottenuti da pomodori e da alghe unicellulari commestibili.
L’assenza di colore (assorbono luce solo nelle lunghezze d’onda ultravioletta e non del visibile) e la capacità di accumulo nella pelle, conferisce loro l’azione di potenti antiossidanti e antinfiammatori, riparano la cute dopo l’esposizione solare e intensificano l’abbronzatura. Un olio usato in cosmetica per il suo elevato contenuto in acido alfa linolenico, acido grasso essenziale omega 3, è l’olio di kiwi. Apprezzato per le proprietà emollienti su pelli secche, incrementa le difese immunitarie della cute. I frutti sono noti per l’elevato contenuto in vitamine C, A ed E, potassio e flavonoidi. Recentemente è stato scoperto che i semi, sono la fonte di due potenti antiossidanti: la quercitrina (precursore del flavonoide quercetina) e il kaempferolo .

Capelli provati dal sole
L’esposizione solare è anche responsabile dell’aggressione della struttura del capello dovuto allo stress ossidativo.
E’ preferibile scegliere una detersione delicata con shampoo privi di tensioattivi schiumogeni come gli oli lavanti idrogenati seguita dall’utilizzo del balsamo nutriente.
Se i capelli sono particolarmente stopposi è meglio usare una maschera ristrutturante per capelli da applicare ogni 3 giorni.

Per ripristinare il danno bisogna ovviamente seguire un’alimentazione corretta, nutrendosi con alimenti che contengano le stesse proprietà della fibra capillare: vitamine A, B, C ed E, minerali come zinco, ferro, rame, silicio, magnesio, manganese e ferro e aminoacidi.
Lo zinco ha un’azione seboregolatrice, il ferro previene la caduta, il rame accelera i processi di cheratinizzazione, il silicio è rimineralizzante, il magnesio rigenera le cellule e il manganese trattiene vitamine e ferro. Li troviamo in frutta, verdura, pesce, legumi,cereali, carne e derivati. Latte, frutti di mare, spinaci e pomodori hanno alte concentrazioni di zinco, carne e derivati, invece, contengono aminoacidi che rinforzano la capigliatura.
Per rinforzare i capelli dall’interno è possibile assumere integratori contenenti aminoacidi, come cisteina, cistina, guanina, elementi che formano la cheratina. Si effettuano solitamente due cicli all’anno. Al rientro dalle vacanze, in caso di caduta di capelli è preferibile assumere, per esempio la cistina per 40 gg, con una interruzione intermedia per non sovraccaricare la funzione renale.

Crucifere, una fonte di benessere

Le Crucifere o Brassicacee (cavolo, cavolfiore, broccolo, rapa ecc.) sono vegetali largamente utilizzati a scopo alimentare ed entrano a far parte della Dieta di molte persone.
Ricchissimi di vitamine (A, gruppo B e C), di minerali e di prodotti solforati, le crucifere rappresentano una preziosa fonte di benessere e sono ormai riconosciute avere molteplici effetti positivi.

Innanzitutto gli estratti di brassicacee sono validi alleati contro lo stress ossidativo, che si può generare da un’eccessiva esposizione all’inquinamento ambientale o alle radiazione ultraviolette o ionizzanti.

Ma non solo. Alcune recenti ricerche hanno evidenziato anche un ruolo benefico nei confronti dei tumori polmonari. Le crucifere sono ricche di isotiocianati, composti che nell’animale hanno proprietà antitumorali nei confronti del carcinoma polmonare e che vengono eliminati dall’organismo dagli enzimi glutatione-transferasi GSTM1 e GSTT1. L’assenza di uno o dell’altro di questi enzimi, o di entrambi, determina verosimilmente concentrazioni più elevate di isotiocianati nel sangue. Lo studio ha compreso 4.309 soggetti arruolati presso 15 centri di 6 nazioni dell’Europa centrale e dell’Est, regioni in cui è tradizionalmente elevato il consumo di crucifere. I soggetti hanno compilato un questionario sul loro stile di vita e la loro alimentazione, e si è ottenuta la tipizzazione dei geni per gli enzimi GSTM1 e GSTT1 partendo da un campione di sangue.
Il consumo di crucifere almeno una volta la settimana si associava a un effetto protettivo globale contro i tumori polmonari rispetto a un consumo una volta al mese. L’effetto era simile se il consumo riguardava i cavoli o una combinazione di broccoli e cavolini di Bruxelles. Questo effetto protettivo è stato riscontrato essere maggiore nei fumatori rispetto ai non fumatori.

Il consumo di frutta e verdura è stato già associato alla riduzione della mortalità dovuta ad obesità, ipertensione e malattie cardiovascolari, ma pochi studi hanno finora esaminato la correlazione fra apporto di frutta e verdura e rischio di diabete. Il consumo di frutta e verdure a foglia larga, e in particolare delle Crucifere, è stato associato ad un minor rischio di Diabete di tipo 2.

Mangiare molta frutta e verdura aiuterebbe anche a migliorare le condizioni di salute di chi soffre di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), una malattia che colpisce l’apparato respiratorio e che, se non curata, determina difficoltà sempre maggiori nella respirazione. Lo hanno dimostrato alcuni ricercatori greci sottoponendo, per tre anni, 120 pazienti affetti da Bpco all’assunzione di grandi quantità di crucifere, oltre che altra frutta e verdura, oppure a un’alimentazione completamente priva di questi alimenti. Nelle persone che hanno mangiato abbondantemente crucifere, frutta e altra verdura si sono non solo ridotti di circa la metà i casi in cui la malattia è peggiorata ma sono stati riscontrati anche dei veri e propri miglioramenti delle funzionalità polmonare. I benefici derivanti sono da attribuire alla proprietà antiossidanti di questi alimenti.

Tra i numerosi benefici, si segnala anche il ruolo del sulforafano, una sostanza contenuta nei broccoli, che potrebbe rivelarsi utile anche per chi soffre di artrite. Alcuni ricercatori dell’University of East Anglia hanno scoperto che il sulforafano avrebbe la capacità di bloccare un enzima che provoca la distruzione delle articolazioni nella osteoartrite. E’ stato condotto un progetto di ricerca durato tre anni finalizzato a indagare le potenzialità del sulforafano, già noto per le sue capacità anticancro. Lo studio condotto in vitro ha concluso che questo composto bioattivo, contenuto soprattutto negli ortaggi cruciferi, sembra in grado di prevenire il deterioramento delle articolazioni.

Questi dati indicano che un buon consumo di crucifere può avere effetti salutistici rilevanti in tutto l’organismo, essendo in grado di svolgere azioni benefiche a livello intestinale, ostacolando lo sviluppo del Diabete mellito e lo sviluppo dei tumori, in particolare di quelli intestinali e polmonari.

Corretta integrazione alimentare per il benessere e la bellezza della pelle

Si parla di nutricosmeceutici, cosmetoalimenti, nutricosmetici…tanti sono i neologismi coniati. Tutti questi nomi per indicare prodotti che appartengono al gruppo degli integratori e che avrebbero la funzione di proteggere la pelle e renderla più sana e bella. I nutriceutici, infatti, rappresentano un’applicazione della corretta alimentazione alle condizioni della pelle e dei suoi annessi al fine di garantirne lo stato di benessere.

Lo stile di vita frenetico e le abitudini alimentari spesso non corrette, che caratterizzano i nostri tempi, non riescono a far fronte alle fisiologiche esigenze della pelle: vi è una carenza di nutrienti essenziali o per un aumentato fabbisogno, o per una ridotta assunzione, o correlata a particolari procedimenti di lavorazione e conservazione degli alimenti. Quindi, bisogna “integrare”, supplementare quei nutrienti che ci vengono a mancare e che contribuiscono a supportare la buona salute della pelle.

Una Dieta equilibrata è in grado di fornire tutti quei nutrienti che servono al nostro organismo per garantirne lo stato di benessere. Seguire una Dieta equilibrata però non è sempre possibile; inoltre alcuni regimi alimentari possono condurre ad uno squilibrio nutrizionale (pranzi consumati velocemente e fuori casa, diete ipocaloriche, diete vegetariane). Ecco quindi che diventa indispensabile integrare ciò che ci viene a mancare.

La carenza di nutrienti determina le cosiddette “malnutrizioni per difetto”. Alcune malnutrizioni comportano una sintomatologia che si ripercuote sull’estetica dell’individuo, come ad esempio la perdita o l’indebolimento dei capelli, le alterazioni delle unghie, la perdita del tono e dell’elasticità cutanea. In questi casi il corretto uso del giusto tipo di integrazione, insieme ad una regolarizzazione dell’alimentazione, può determinare una riduzione o una scomparsa del problema, migliorando quindi l’aspetto esteriore dell’individuo.

Esiste una complementarietà tra i nutriceutici ed i prodotti dermocosmetici utilizzati per il trattamento degli inestetismi cutanei. Si tratta di sinergie di effetto tra sostanze funzionali applicate localmente (creme) là dove il problema fa la sua comparsa ed altre agenti dall’interno finalizzate alla correzione di una carenza a monte, o per ripristinare funzioni o condizioni alterate.

Un accenno a parte di particolare interesse va al tema dell’invecchiamento cutaneo. Con il passare del tempo cambiano le esigenze e i bisogni della pelle, si verificano una serie di ineluttabili cambiamenti che portano all’invecchiamento dell’epidermide. L’invecchiamento cutaneo è un processo complesso influenzato da diversi fattori:

  • Aumentata produzione di radicali liberi (stress, smog, UV, fumo, infiammazioni, malattie, etc.);
  • Diminuzione delle difese antiossidanti;
  • Diminuzione della produzione di energia cellulare dovuta ai danni che i mitocondri, vere e proprie centrali energetiche, subiscono negli anni;
  • Alterazione della fluidità delle membrane cellulari.

Data, inoltre, la correlazione sempre più forte tra invecchiamento e deterioramento di biomolecole, con la necessità di combattere lo stress radicalico e di colmare i deficit di vitamine, proteine e lipidi, si è sviluppata la nutraceutica mirata, un’integrazione alimentare personalizzata sulla base dello studio ossidativo personale, intervenendo solamente sulle alterazioni specifiche di ciascuna persona (Nutrilipidomica).

L’integrazione antiaging deve essere, quindi, equilibrata e calibrata nei suoi costituenti, nei dosaggi e soprattutto deve agire in modo sinergico ai vari livelli: bioenergetico, antiossidante e riparativo. Per dare una rapida panoramica alle sostanze funzionali con effetto antiossidante più recentemente utilizzate troviamo l’acido lipoico, l’emblica, l’L-carnosina, la taurina, il coenzima Q10. Accanto a tali sostanze funzionali, vi è anche un’altra serie che contribuisce a riparare i danni provocati alla struttura di sostegno della pelle, il derma e le sue fibre, come l’acido jaluronico e gli acidi grassi polinsaturi (omega 3, omega 6).

Le diverse esigenze nutrizionali nelle varie fasi della vita

Dagli anni ’70 ad oggi si è verificata una grande evoluzione del concetto di cibo, che ha perso il significato di semplice fonte di sostentamento e piacere, per assumere l’identità di elemento capace di intervenire direttamente sulla salute degli individui. Scelte, abitudini e consumi costituiscono aspetti fondamentali per definire il modo in cui le persone si alimentano. Se da un lato la società si dimostra sempre più attenta alle relazioni fra alimentazione e salute, contemporaneamente vede aumentare sia le patologie legate a una Dieta abituale eccessiva o squilibrata, sia la confusione e la disinformazione circa ruoli e funzioni di alimenti e di nutrienti. Anche in Italia infatti si sta verificando un graduale allontanamento dal modello alimentare mediterraneo (riconosciuto quale esempio di sana alimentazione) e la progressiva acquisizione di uno stile di vita occidentale con ripercussioni negative sul mantenimento dello stato di salute.

Lo stato di nutrizione degli individui è espressione del comportamento alimentare e della risposta dell’organismo. Quest’ultimo è in grado di riflettere l’adeguatezza o meno della Dieta nel breve, medio e lungo termine. Una Dieta adeguata consiste essenzialmente nel consumo di alimenti in qualità e quantità tali da assicurare il soddisfacimento dei bisogni di energia e nutrienti, rispettando combinazioni e proporzioni tali da non arrecare rischi potenziali per la salute.

Negli ultimi decenni il concetto “l’uomo è ciò che mangia” ha trovato una controprova scientifica e la scienza della nutrizione ha dato risposta e alternative, diverse per età e sesso, alla crescente domanda di salute ed equilibrio psico-fisico da parte dei consumatori. All’interno del gruppo dei normali consumatori, esistono alcune categorie che vanno considerate più “a rischio” di carenze nutritive, non necessariamente a causa di malattie o di cattive abitudini, ma semplicemente per particolari situazioni legate alla loro età o a peculiari condizioni fisiologiche (età evolutiva, gravidanza, allattamento, età geriatrica, particolare impegno fisico). Basta pensare a come variano le esigenze della donna nelle varie fasi della vita e a come sia importante una corretta alimentazione anche nell’ottica di prevenzione di patologie future.

Le ragazze adolescenti hanno bisogno di essere ben alimentate sia per lo sviluppo tipico di questa fase della vita sia per i futuri stress della gravidanza. In particolare il fabbisogno in ferro e quello in calcio aumentano rapidamente fino ai livelli dell’adulto e una loro insufficiente copertura comporta il rischio della comparsa di anemie da carenza di ferro e di una ridotta mineralizzazione dello scheletro, tale da rendere precoce e più grave l’osteoporosi in età matura. Durante la gravidanza i nutrienti che vengono assunti dalla madre contribuiscono non solo al suo benessere, ma anche a quello del bambino. Tuttavia è superato il vecchio detto “mangiare per due” ed è stato sostituito con il concetto che la donna in gravidanza deve mangiare “due volte meglio”. Nei confronti dell’ alimentazione della coetanea sana, l’alimentazione della gestante sana richiederà qualche attenzione in più relativamente alle proteine, al tipo di grassi e ad alcune vitamine e minerali. Necessità decisamente superiori riguardano il calcio, il ferro e soprattutto l’acido folico.
Particolarmente delicata l’alimentazione della donna anziana in cui diversi fattori, sia fisiologici che psicologici, concorrono nel determinare alcuni difetti nutrizionali. Elevato il fabbisogno di vitamina D, calcio, ferro, acidi grassi polinsaturi e fibra.
In questi contesti, può essere valutata l’opportunità di integrare l’alimentazione abituale con l’obiettivo di prevenire una malnutrizione per difetto di specifici nutrienti.

Al fine di soddisfare esigenze diverse in base ai fabbisogni individuali, è indispensabile la collaborazione fra comunità scientifica, industria e mass media per migliorare, con mezzi sempre più aggiornati e precisi, le conoscenze in tema di nutrizione, diffonderle in maniera corretta, e così creare le risposte in termini di disponibilità di alimenti e di nuovi prodotti a misura di ognuno.

Quando l’intestino è irritabile

La Sindrome dell’Intestino Irritabile (SII) è un disturbo dell’apparato gastro-intestinale molto frequente. Secondo i dati epidemiologici, ne soffre circa il 30% della popolazione italiana, prevalentemente donne.

Soffrire di SII significa convivere con dolore e gonfiore addominale variabili per frequenza ed intensità, ma con un indiscutibile impatto negativo sulla qualità della vita.

La sindrome dell’intestino irritabile non è una malattia ma una disfunzione, le cui cause non sono ancora definite. Questa sindrome benigna non ha un fattore eziologico ben identificato; è piuttosto considerata un disturbo “biopsicosociale” e comprende diversi fattori scatenanti, fisiologici, psicologici, ambientali e comportamentali.

È caratterizzato da dolore addominale, irregolarità intestinale, meteorismo e variazione di consistenza delle feci con andamento cronico ricorrente caratterizzato da periodi di riacutizzazione e da periodi di remissione. La maggioranza delle persone che soffre di SII riferisce un cambiamento delle abitudini intestinali insorte durante l’adolescenza o la prima età adulta. Le modificazioni sono progressive e tendono a stabilizzarsi sull’alternanza stipsi-diarrea, con predominanza di uno dei due sintomi.

La diagnosi di SII si basa sostanzialmente sui sintomi sopra descritti (diagnosi positiva) e sulla esclusione di altre patologie di tipo organico (diagnosi negativa). Grande importanza riveste il colloquio e il rapporto di fiducia che il paziente deve avere con il proprio medico.

Ricevere una corretta diagnosi rappresenta la premessa per intervenire nel modo più appropriato. Ma non solo. Una corretta gestione della SII parte con l’educazione, soprattutto per quanto riguarda l’impostazione del regime alimentare. Sono numerosi i casi in cui si verifica una relazione tra pasti e insorgenza del dolore/gonfiore addominale. Inoltre per alcune persone che soffrono di SII, determinati cibi sono legati all’insorgenza di sintomi principali, ad esempio latte e latticini, carboidrati, verdure crude. Questo confermerebbe come nella maggior parte di coloro che ne soffrono potrebbe essere utile limitare l’introduzione di alcuni alimenti, come caffè, grassi, latte e derivati, vegetali (cipolle, legumi, sedano, cavoli, carote, broccoli) o frutta (frutta secca e oleosa, kiwi, melone, ciliegie, frutti di bosco, fichi, prugne, banane, agrumi).

A meno di intolleranze o allergie, la gestione della SII non richiede rinunce restrittive, piuttosto l’adozione di abitudini salutari, tra cui l’assunzione di una giusta quantità di fibre e di almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. In particolare per quanto riguarda le fibre, alla luce delle ultime revisioni della letteratura e meta-analisi, la preferenza si orienta verso quelle solubili tendendo a consigliare con prudenza quelle non solubili a causa dei possibili disturbi (soprattutto meteorismo) che queste ultime potrebbero provocare.
Quindi Dieta corretta, esercizio fisico e controllo dell’ansia e dello stress: tutti fattori che, tenuti sotto adeguato controllo, possono determinare miglioramenti significativi.

I dati sono tratti dal “Rapporto sociale 2006 sulla sindrome dell’intestino irritabile”, a cura del Comitato Scientifico editoriale di Associazione italiana Gastroenterologia ed Endoscopia Ospedaliera e dal testo “Sindrome Intestino Irritabile” a cura di Roberto Bellomo e Barbara Scagnet per la Società Italiana di Chirurgia Colo-rettale (www.siccr.org)