Osservatorio Integratori & Salute: vitamina D per ossa più sane e riduzione del rischio di cadute
Il problema delle fratture da caduta riguarda oltre 37 milioni di persone nel mondo, secondo l’OMS.
In Italia, circa 5 milioni di persone è affetto da osteoporosi, una delle cause principali di frattura: la supplementazione di Vitamina D può ridurre il problema e abbattere i costi derivati da esso
Le cadute sono spesso la causa di fratture ossee negli uomini e nelle donne a partire dai 60 anni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 37,3 milioni di cadute ogni anno sono abbastanza gravi da richiedere attenzione ed intervento medico[1]. Sono molteplici i fattori che possono aumentare le probabilità di caduta[2]: tra questi, l’osteoporosi, che in Italia coinvolge il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni[3] e un basso apporto dietetico di vitamina D, come riportato nella sezione “Mind the gap” del sito IADSA.
Anche Integratori & Salute, associazione italiana aderente a Confindustria, da sempre impegnata a contribuire alla crescita della conoscenza, del corretto utilizzo e della qualità dell’integratore alimentare, fa il punto sull’importanza della supplementazione della vitamina D per ridurre il rischio di fratture da caduta.
Secondo uno studio statunitense pubblicato da Frost & Sullivan[4], dal 2016 al 2020 è stato possibile ottenere un importante risparmio economico dall’uso di alcune sostanze nutritive presenti negli integratori, in una popolazione over 55 affetta da patologie croniche con gravi impatti sociali e a rischio di complicanze. Tra i vari integratori considerati, calcio, vitamina D e magnesio potevano far risparmiare dai 4 agli 8 miliardi di dollari in una popolazione affetta da osteoporosi, riducendo il rischio di fratture del femore e del bacino e di fratture in generale.
Sempre l’OMS, in un rapporto sulla prevenzione delle cadute tra gli anziani, afferma[5] che: “Prove in aumento sostengono [che] l’assunzione dietetica di calcio e vitamina D migliora la massa ossea tra le persone con bassa densità ossea, riduce il rischio di osteoporosi e di cadere. Le persone anziane con un basso apporto dietetico di calcio e vitamina D possono essere a rischio di cadute, e quindi di fratture che ne derivano“.
Anche la Commissione europea ha riconosciuto la Vitamina D come alleato della salute delle ossa[6]: “La vitamina D aiuta a ridurre il rischio di caduta associato all’instabilità posturale e alla debolezza muscolare. La caduta è un fattore di rischio di fratture ossee negli uomini e nelle donne a partire dai 60 anni.”
Questa vitamina, infatti, aiuta a evitare eventuali cadute associate all’instabilità posturale e alla debolezza muscolare. Secondo gli studiosi, la Vitamina D migliora la funzione muscolare, la forza e l’equilibrio dell’organismo. L’indicazione può essere utilizzata solo per gli integratori alimentari che forniscono almeno 15μg di vitamina D per porzione giornaliera. Il consumatore dovrebbe quindi essere informato che l’effetto benefico si ottiene con un’assunzione giornaliera di 20μg di vitamina D.
Per maggiori informazioni: https://www.iadsa.org/mind-the-gap/english/falling#intro
[1] https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/falls#:~:text=Each%20year%20an%20estimated%20646,medica
[2] https://www.cdc.gov/homeandrecreationalsafety/falls/adultfalls.html
[3]https://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4491&area=Salutedonna&menu=patologie
[4] https://foodsupplementseurope.org/wp-content/themes/fse-theme/documents/value-of-supplementation/hccs-omega-3-report.pdf
[5] https://extranet.who.int/agefriendlyworld/wp-content/uploads/2014/06/WHo-Global-report-on-falls-prevention-in-older-age.pdf
[6] Commission Regulation (EU) No 1228/2014 of 17/11/2014
Stile di vita, alimentazione ed integrazione nell’epoca del Covid-19. Lo stato dell’arte
Stili di vita equilibrati, che comprendano anche un’alimentazione bilanciata e completa, sono fondamentali per mantenere in una condizione di efficienza il sistema immunitario e per consentire all’organismo di rispondere efficacemente alle infezioni, incluse quelle di natura virale. La dieta mediterranea, per esempio, fornisce una vasta gamma di micro-nutrienti importanti per il mantenimento in efficienza del sistema immunitario. Anche l’esercizio fisico regolare contribuisce alle strategie di modulazione della risposta immunitaria.
Carenza di micronutrienti, come vitamine, minerali ed acidi grassi essenziali. Le basi biochimiche
È largamente riconosciuto (anche dai claims specifici autorizzati da EFSA) il ruolo che vitamine come A, B6, B12, C, D, e l’acido folico e minerali come zinco, ferro, selenio, e rame svolgono come cofattori di molti enzimi coinvolti nei processi immunitari. Numerosi studi dimostrano inoltre che gli acidi grassi della serie omega 3 accelerano la risoluzione dei processi infiammatori. Anche alcuni fitocomposti (come i polifenoli) e il microbiota intestinale (e quindi anche i vari fattori che ne modulano la composizione e l’attività, come i probiotici ed i prebiotici) influenzano fasi specifiche dei processi di risposta immunitaria e dell’infiammazione. Studi recenti mostrano che carenze specifiche di questi micronutrienti (vitamine e oligoelementi) con azione immunomodulante si osservano anche nei paesi sviluppati, in particolare negli anziani.
Alimentazione e stile di vita: quale ruolo per l’integrazione?
Stili alimentari non equilibrati, ormai diffusi in una società prevalentemente sedentaria come la nostra, comportano un eccesso di calorie e di macronutrienti e l’esclusione di specifici alimenti. Una porzione rilevante della popolazione generale è a rischio di non assumere in quantità adeguate tutte le sostanze utili al benessere, incluse quelle legate al mantenimento della funzione del sistema immunitario: dal consumo di vegetali, inadeguato in una parte significativa della popolazione, deriva per esempio più del 70% della quota giornaliera di vitamina C, ma anche porzioni importanti di quella di vitamina A (60% circa del totale giornaliero), vitamina B6 e ferro (più del 40%), zinco (un terzo circa del totale). Secondo l’analisi dei dati raccolti nell’ambito del Global Burden of Disease, nella regione europea è inadeguato anche il consumo di pesce, e quindi di acidi grassi omega-3 a lunga catena (EPA e DHA) che come è stato dimostrato svolgono un ruolo di rilievo anche nella funzione immunitaria.