Durante l’estate l’aumento della temperatura tende a provocare una dilatazione dei vasi sanguigni, in particolare di quelli venosi, peggiorando i disturbi tipici dell’insufficienza venosa come gambe pesanti, gonfiore alle caviglie e sensazione di fastidio e talvolta di dolore ai polpacci. Dalla natura un valido aiuto per aiutarci a proteggere i vasi venosi dalla calura estiva.
Originario dei Balcani, l’ippocastano della famiglia delle “Ippocastanaceae” deriva curiosamente il proprio nome dall’antica abitudine dei turchi di usare i semi, ricchi di fecola, per nutrire i cavalli che soffrivano di problemi respiratori. Il frutto, simile alle castagne, ha un sapore amaro. E’ diffuso oggi in tutta Europa, Medio Oriente e in Iran. Nel seme dell’ippocastano sono presenti flavonoidi e saponine, tannini, vitamine del gruppo B, una provitamina D e la vitamina K. L’ippocastano favorisce i fenomeni di vasocostrizione e migliora il tono venoso; è anche un antinfiammatorio e decongestionante, indicato per il trattamento degli stati edematosi. Può essere usato localmente per trattare varici, flebiti, emorroidi, contusioni ed ematomi. Come agisce l’ippocastano? Causa un aumento del tono capillare, dovuto ad un incremento della contrazione della muscolatura liscia della parete vascolare e anche ad un aumento della resistenza e dell’elasticità dei capillari, con diminuzione della loro permeabilità. Questo estratto è quindi particolarmente utile nel caso di capillari fragili. E’ stata fatta una valutazione degli studi clinici relativi all’azione “fleboprotettiva” dell’ippocastano. Tutti questi studi indicano un importante miglioramento nella sintomatologia dei pazienti. Sei studi indicano un significativo calo del dolore e dei formicolii alle caviglie, cinque studi suggeriscono un evidente calo nella circonferenza delle caviglie, uno studio ha paragonato l’effetto dell’estratto secco di ippocastano con quello delle calze contenitive, riscontrando un’efficacia simile ad esse. In tutti questi studi gli effetti collaterali sono stati rari e di lieve entità. Altri studi clinici hanno esaminato l’effetto dell’escina, il principio attivo dell’estratto di ippocastano, in pazienti con insufficienza venosa delle gambe, dimostrando che è efficace nel favorire il miglioramento del microcircolo venoso. Può talvolta causare modesti disturbi di stomaco e reazioni allergiche cutanee. Non va utilizzato durante la gravidanza, l’allattamento e in età pediatrica.
Della famiglia delle Apiaceae, cui appartengono anche il prezzemolo e la carota, la centella è originaria dell’Oriente, essendo diffusa in una zona che va dal Madagascar all’Indonesia. Secondo la tradizione il nome centella deriva dal verbo “centellinare” e si riferisce al fatto che questa piccola pianta assorba, goccia a goccia, l’acqua delle zone palustri nelle quali vive. Il nome scientifico più adottato, soprattutto nel XVII secolo, fu Hydrocotyle (hydro = acqua + cotyle=ciotola) derivato dalla somiglianza delle foglie ad una scodella capace di contenere dell’acqua. Le foglioline di questa pianta rampicante contengono principi attivi i cui effetti curativi erano da secoli noti alle popolazioni locali, soprattutto per la cura di ferite, piaghe e ulcere. In India e in Malesia la pianta divenne celebre come “Erba delle Tigri”; tale denominazione derivava dall’osservazione che le tigri del Bengala si curavano le ferite riportate dopo gli scontri contro altri animali rotolandosi su tappeti erbosi ricoperti da tale pianta. L’effetto benefico fu poi ripreso dalle popolazioni indigene per la cura delle ferite. Questa pianta infatti, trova largo impiego nella medicina popolare indiana anche come cicatrizzante. Le proprietà della centella rimasero sconosciute nel mondo occidentale fino al XVII secolo, quando i botanici olandesi Rhumphius e Rheede, incuriositi dalla fama di questa pianta, la introdussero nel vecchio continente. La centella stimola la produzione di collageno da parte delle cellule che lo producono chiamate fibroblasti, e ciò migliora l’elasticità e la robustezza della parete vasale. Inoltre accelera la cicatrizzazione delle piccole ferite cutanee di qualsiasi origine e delle piccole ustioni, ed è indicata per il trattamento della cellulite. Sono stati fatti alcuni studi clinici su pazienti con insufficienza venosa cronica agli arti inferiori, che assumevano per bocca un estratto di centella per due o tre mesi. Al termine di tale periodo i pazienti trattati con la centella mostravano un’evidente riduzione dei sintomi presenti prima del trattamento e del gonfiore alle caviglie e un miglioramento dell’elasticità dei vasi venosi. E’ stato dimostrato che formulazioni topiche contenenti estratto purificato al 60% di centella applicate tre volte al giorno su piccole ferite cutanee hanno aumentato la proliferazione cellulare e la sintesi del collageno nella zona lesionata. A dosi elevate può causare cefalea, e non è da utilizzare in gravidanza e durante l’allattamento.
Il rusco è una pianta comune in tutta Europa, nei luoghi incolti al margine dei boschi. La pianta è facilmente riconoscibile per il suo diffusissimo utilizzo decorativo nel periodo natalizio; ha le foglie verdi e pungenti con bacche rosse ed è universalmente noto come “pungitopo”. Alcune sostanza contenute nel rusco, come le saponine steroidee, stimolano i fenomeni di vasocostrizione e migliorano quindi il tono venoso: l’estratto del rusco viene impiegato nel trattamento dell’insufficienza venosa, in particolare di quella a carico degli arti inferiori e delle emorroidi. Alcuni studi clinici hanno valutato per due mesi l’effetto dell’estratto di rusco in pazienti con insufficienza venosa cronica. I sintomi iniziali erano presenti prima del trattamento in questa incidenza: dolore ai polpacci 79%, senso di pesantezza alle gambe 85%, crampi alle gambe 74% e gonfiore alle caviglie 82%. Dopo il trattamento le percentuali suddette si riducevano rispettivamente al 20%, 12%, 8% e 14%. L’esame capillaroscopico mostrava una riduzione della congestione dei vasi venosi dal 98% al 20% e un miglioramento del flusso sanguigno nei capillari dell’80%: lo studio mostra che l’estratto di rusco è utile nel trattamento dell’insufficienza venosa cronica. E’ preferibile evitare l’utilizzo in gravidanza e durante l’allattamento.
Della famiglia delle Ericaceae, il mirtillo è una pianta diffusissima e ben nota a tutti gli amanti della montagna; privilegia il sottobosco con terreno siliceo e quindi acido in mezza montagna, e si può trovare pressoché in tutto l’emisfero settentrionale. Questi frutti sono propri della cultura settentrionale tanto che in Irlanda e in Scozia si festeggia la “domenica del mirtillo”, dedicata alla raccolta delle bacche, che vengono successivamente utilizzate nella preparazione di crostate, confetture e sciroppi. In Scandinavia, Francia e Germania, il mirtillo viene consumato in grandi quantità sia fresco che trasformato in acqueviti, sciroppi, salse e gelatine. Nel Nord America i mirtilli erano parte dell’alimentazione degli indiani, che li consumavano freschi in estate e seccati in inverno. Le bacche del mirtillo, specialmente quello rosso, considerate simbolo di pace dagli indiani Delaware, erano utilizzate per tingere corpi e tappeti. La medicina popolare da sempre utilizza foglie e bacche del mirtillo nero per infusi, decotti, sciroppi etc.., cui si attribuivano diverse attività medicamentose – astringenti, antisettiche e antibatteriche, antiflogistiche e ipoglicemizzanti-. Il fitocomplesso del mirtillo protegge il microcircolo artero-venoso, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Esso inoltre favorisce il benessere delle cellule endoteliali, ovvero quelle dello strato più interno dei vasi sanguigni, e incrementa il flusso sanguigno nei capillari interessati. Alcuni studi clinici fatti in pazienti con insufficienza venosa cronica hanno dimostrato che l’estratto secco titolato di mirtillo riduceva i danni ai capillari artero-venosi, la loro permeabilità e ne aumentava l’elasticità e la robustezza. Tali risultati sono dovuti, anche, alla notevole capacità dell’estratto di mirtillo di combattere i danni causati dai radicali liberi alla parete dei vasi sanguigni. Ma le preziose proprietà di questa pianta non finiscono qui. Di particolare rilievo il contenuto in antociani, responsabili delle principali attività del mirtillo nero, cioè l’azione vitaminica P-simile e la capacità di favorire l’acuità visiva crepuscolare e notturna (non a caso durante la Seconda Guerra Mondiale i piloti della RAF che consumavano notevoli quantità di confetture di mirtillo sembravano avere una migliore visione durante le missioni notturne).
Fin dall’antichità l’uva è il simbolo della vita e dell’arte di vivere, così come il vino è presente fin dagli albori della civiltà e il suo uso è testimoniato nelle pagine della più antica letteratura. La sua origine di perde nella notte dei tempi, ma di sicuro sappiamo che nel 5.000 a. C. compare nella cosiddetta “mezzaluna fertile”, l’area della Mesopotamia. Il primo popolo a lasciarci testimonianze furono gli egizi, che lasciarono affreschi nelle proprie tombe in cui illustravano la coltivazione della vite. In seguiti i antichi greci diffusero la coltura del vino e delle tecniche di vinificazione, indicando come “Enotria”, ovvero terra del vino, l’Italia meridionale, terra ricchissima di vigneti. L’uva e’ un buon energetico, re-minalizzante, disintossicante, ha proprietà diuretiche e lassative, contiene sali minerali, fosforo, calcio, potassio, per l’80% e’ costituita da acqua. E’ adatta quindi, per essere consumata nelle convalescenze, negli stati di anemia, in gravidanza e durante l’allattamento. L’uva, così come il succo d’uva, ha inoltre un eccezionale potenziale energetico nei confronti del tessuto muscolare e nervoso ed è per questo indicato per chi pratica sport e a chiunque prima di un lavoro o di uno sforzo impegnativo. Valida anche come ottimo disintossicante, l’uva è ampiamente utilizzata durante le diete perché aiuta a scaricare le tossine accumulate. Mangiare uva o bere succo di uva rossa quotidianamente dà sollievo all’organismo e svolge un’azione favorevole sull’appetito e sul sonno e, grazie alla presenza dei flavonoidi che hanno capacità dilatoria e rendono il sangue più fluido impedendo la formazione di emboli e coaguli, aiuta a prevenire l’arterioscelosi e alcune malattie delle arterie coronariche. E’ stato dimostrato che l’estratto di semi e bucce di uva rossa ostacola l’attività degli enzimi che attaccano e distruggono il tessuto connettivo-elastico della parete dei vasi sanguigni. E’ inoltre molto efficace nel combattere i danni causati dai radicali liberi alla parete dei vasi sanguigni. Grazie a queste azioni l’estratto di vitis è usato da tempo per la sua valida azione venoprotettiva, venotonica e protettiva sui capillari. Alcuni studi clinici hanno valutato l’effetto dell’estratto di vitis vinifera in pazienti con insufficienza venosa degli arti inferiori; al termine della sperimentazione il volume medio delle caviglie era notevolmente diminuito, e così pure la circonferenza del polpaccio e l’intensità dei sintomi.