Effetti benefici dell’estratto di melagrana in persone anziane sane

Il melograno (malum = mela, granum = grano; nome scientifico Punica Granatum) è un arbusto spinoso originario dell’Asia occidentale e facente parte della famiglia delle punicaceae (dal latino punicum = cartaginese). Fin dall’antichità il frutto del melograno è simbolo di fertilità, abbondanza e longevità, e la tradizione popolare gli attribuisce effetti positivi per la salute. Tali effetti sono oggi confermati da numerosi lavori scientifici che ne evidenziano i benefici.

La melagrana contiene sostanze antiossidanti come polifenoli, tannini e antocianine che agiscono positivamente sullo stato di benessere del nostro organismo ed hanno un ruolo importante nel contribuire a contrastare l’insorgenza di diverse patologie. Per esempio, alla presenza di tannini sono dovute le proprietà astringenti e diuretiche dell’ estratto e del succo di melagrana, che sono anche considerati importanti antielmintici e antinfiammatori in quanto ricche fonti di vitamina A e vitamina B.

Nello studio di Guo et al. recentemente pubblicato (Guo C. et al., 2008) sono stati comparati, su 26 soggetti anziani (media 62 anni) sani, gli effetti antiossidanti di due bevande a base di estratti naturali di melagrana e di mela. Il campione studiato è stato suddiviso in 2 gruppi:

  • Gruppo 1, che assumeva 250 ml/die di bevanda a base di estratto di mele (contenuto in flavonoidi 9,2 mg/100 g e in proantocianidine 3,4 mg/100g) ;
  • Gruppo 2, che assumeva 250 ml/die di bevanda a base di estratto di melagrana (contenuto in flavonoidi: 17,4 mg/100 g e in proantocianidine 18,2 mg/100 g).

A tutti i soggetti era stata data indicazione di non modificare le proprie abitudini nutrizionali e di stile di vita durante il periodo di trattamento e di non consumare integratori a base di composti antiossidanti. All’inizio dello studio e dopo 4 settimane di tale supplementazione, ad ogni soggetto è stato prelevato un campione di sangue, e successivamente si sono analizzate, sul siero o sul plasma, la capacità antiossidante totale, i livelli di attività degli enzimi antiossidanti superossido dismutasi (SOD) e catalasi (CAT) e le concentrazioni di vitamina E e C.

Al termine della supplementazione, la capacità antiossidante totale e l’attività degli enzimi antiossidanti sono apparse significativamente maggiori nel gruppo 2 (supplementato con succo di melagrana) rispetto al gruppo 1 (supplementato con succo di mela). I livelli plasmatici di vitamine E ed C sono apparsi simili nei due gruppi. Secondo gli Autori, la maggiore azione antiossidante della melagrana rispetto alla mela sarebbe attribuibile alla sua composizione, ed in particolare alla presenza di importanti polifenoli come antocianidine, tannini idrolizzati, acido allegico e punicalagine.

I risultati ottenuti confermano che il consumo giornaliero di estratto o succo di melagrana può favorire una significativa protezione contro i danni associati a stress ossidativo, aumentando le difese antiossidanti organiche, in soggetti anziani.

Referenze

Guo C, Wei J, Xu Y, Pang W e Jiang Y. Pomegranate juice is potentially better than apple juice in improving antioxidant function in elderly subjects. Nutrition Research 28.2008.

Effetti benefici dell’elevata introduzione di calcio nelle donne in post-menopausa

Il calcio è il minerale più abbondante dell’organismo: circa il 99% è depositato nelle ossa e nei denti, mentre il rimanente 1% si trova nei tessuti molli, nei liquidi intra- ed extracellulari e nel sangue. Il calcio svolge un ruolo importante non solo come sostegno strutturale ma anche in alcune funzioni biologiche come la conduzione nervosa, la contrazione muscolare, l’adesività delle cellule, la mitosi e coagulazione del sangue.

Numerosi studi internazionali e nazionali hanno riportato che il consumo di prodotti lattiero-caseari, che rappresentano una ricca fonte di calcio, e l’eventuale assunzione di calcio come integratore, svolgono un effetto benefico a molteplici livelli; tra le molteplici virtù, il calcio induce una riduzione della massa adiposa, dell’ indice di massa corporea (BMI), della circonferenza vita e della pressione sanguigna. La conseguenza di tali miglioramenti è una riduzione del rischio di sviluppare la Sindrome Metabolica (*).

Un recente studio (Geum Joon Cho et al; 2009) ha confermato la relazione tra Sindrome Metabolica e livelli di assunzione di calcio, introducendo un nuovo fattore di variabilità legato al genere (maschi o femmine) e allo stato ormonale. Infatti pare che l’efficienza dell’assorbimento intestinale e l’escrezione di calcio vengano influenzati dai livelli di estrogeni circolanti, e siano quindi meno efficienti in fase post menopausale.

Questo studio comprendeva un totale di 9.341 partecipanti (4.118 uomini, 3.359 donne in premenopausa, e 1.864 in post-menopausa). In ogni soggetto sono state analizzate le abitudini alimentari (livelli di assunzione di macro e micronutrienti) e alcuni parametri biochimici (trigliceridi totali e colesterolo) ed antropometrici (BMI, peso e circonferenza vita).

L’apporto di calcio e l’energia totale introdotta sono apparsi significativamente più alti nei soggetti di sesso maschile. Tra le donne tali valori risultavano più bassi nei soggetti in post-menopausa rispetto a quelli in premenopausa.

E’ importante notare che, tra le donne in menopausa, quelle che assumevano la quantità di calcio maggiore (quartile superiore) presentavano un rischio più basso di sviluppare Sindrome Metabolica  rispetto a quelle con l’introduzione più bassa (quartile inferiore). Tale correlazione inversa è risultata riconducibile principalmente ad un effetto favorevole del calcio sul profilo lipidico ed in particolare sui trigliceridi e sul colesterolo HDL.

Questi risultati hanno permesso di concludere che, nelle donne in menopausa, il rischio di Sindrome Metabolica appare ridotto quando l’assunzione giornaliera di calcio è elevata. Quindi un maggior apporto dietetico di calcio, attraverso la dieta, o in aggiunta sotto forma di integratori, nelle donne in post-menopausa può avere effetti favorevoli non solo sull’osteoporosi, ma anche sulla Sindrome Metabolica e quindi, in generale, sul rischio cardiovascolare.

(*) Per sindrome metabolica si intende una situazione clinica ad alto rischio cardiovascolare che comprende una serie di fattori di rischio e di sintomi – spesso correlati allo stile di vita della persona (peso eccessivo, vita sedentaria) o a situazioni patologiche preesistenti.

 

Riferimenti Bibliografici

Geum Joon Cho, Hyun Tae Park, Jung Ho Shin, Jun Young Hur,Young Tae Kim, Sun Haeng Kim, Kyu Wan Lee, and Tak Kim. Calcium intake is inversely associated with metabolic syndrome in postmenopausal women: Korea National Health and Nutrition Survey, 2001 and 2005.Menopause, Vol. 16, No. 5, 2009

Effetto combinato delle catechine del te verde e dell’esercizio fisico sul grasso addominale

L’analisi della distribuzione del tessuto adiposo, in persone obese, è considerato fondamentale. Da anni si sa che il grasso addominale (ossia quello presente a livello dell’addome), non è solo un tessuto di deposito energetico, ma un tessuto “vivo” che interagisce con gli altri tessuti. Un eccesso di grasso addominale è dannoso, poiché è associato a modificazioni del metabolismo lipidico, e rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari. La valutazione della distribuzione del grasso permette di definire il rischio cardiovascolare e d’intervenire nel modo più appropriato.
Un recente studio (Maki K. Et al.; 2009) ha evidenziato che una regolare assunzione di catechine (derivate da estratto di tè verde), unita ad un regolare esercizio fisico aerobico, contribuisce alla riduzione del grasso addominale, e conseguentemente influisce in modo positivo sul rischio di sviluppo di patologie cardiocircolatorie e sindrome metabolica.
Per lo studio sono stati selezionati 107 tra maschi e femmine obesi, che sono stati casualmente divisi in due gruppi, ognuno ricevente una diversa supplementazione giornaliera di catechine e caffeina per 12 settimane:

  • gruppo 1: 625 mg/die di catechine e 39 mg/die di caffeina in soluzione, da diluire in 500 ml di acqua;
  • gruppo 2: soluzione a base di sola caffeina (39 mg), assunti con stesso quantitativo di acqua ed avente ugual colore, forma e sapore di quella utilizzata per il gruppo 1.

Tutti i partecipanti allo studio hanno praticato 3 volte alla settimana attività fisica di moderata intensità (aerobica) per una durata di almeno 180 minuti/settimana, mantenendo un apporto energetico costante.
I risultati hanno mostrato un trend di maggior riduzione di peso nel gruppo che assumeva catechine rispetto al gruppo che assumeva solo caffeina (rispettivamente -2,2 kg e -1,0 kg). Sebbene la percentuale di variazione totale di massa grassa sono risultate simili nei due gruppi (-5% e -3,5%, rispettivamente), la riduzione di grasso addominale (-7,7% nei soggetti assumenti catechine e -0,3% in quelli assumenti solo caffeina), della trigliceridemia e degli acidi grassi liberi plasmatici sono state significativamente maggiori nel gruppo 1.
In questo studio, la supplementazione giornaliera con catechine estratte dal tè verde, associata ad una regolare attività fisica aerobica, ha determinato una maggiore riduzione di peso e del grasso addominale, nonché un miglioramento dei livelli di lipidi ematici. Questi risultati evidenziano un ruolo importante delle catechine nella riduzione della massa adiposa, particolarmente quella addominale, e suggeriscono un loro effetto positivo verso il rischio di insorgenza di Obesità viscerale, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari.
Riferimenti Bibliografici

Kevin C. Maki, Matthew S. Reeves, Mildred Farmer, Koichi Yasunaga, Noboru Matsuo, Yoshihisa Katsuragi, Masanori Komikado, Ichiro Tokimitsu, Donna Wilder,3 Franz Jones, Jeffrey B. Blumberg, and Yolanda Cartwright. Green Tea Catechin Consumption Enhances Exercise-Induced Abdominal Fat Loss in Overweight and Obese Adults. The Journal of Nutrition; 2009.

Il selenio, minerale essenziale per la salute nella terza età

Il selenio è un elemento essenziale per la salute perché protegge l’integrità delle membrane cellulari. L’organismo umano dovrebbe assumere giornalmente circa 55µg di questo prezioso elemento; è tuttavia necessario sottolineare che suo assorbimento non dipende solo dalle quantità introdotte con la dieta, ma anche dalla forma chimica in cui si trova il suo apporto. Il contenuto di selenio negli alimenti dipende infatti dalla sua presenza nel suolo: ecco perché esso varia da paese a paese e conseguentemente gli alimenti lo contengono in quantità differenti. L’Italia è una regione a basso contenuto di selenio e quindi l’apporto di questo elemento attraverso l’alimentazione è piuttosto scarso. Buone fonti alimentari sono comunque le carni, il fegato e i cereali.

Il selenio è un minerale essenziale in piccole quantità e nell’uomo è indispensabile per il funzionamento corretto dei processi metabolici. Livelli inadeguati di selenio comportano una maggiore suscettibilità dell’organismo allo Stress ossidativo ed, in ultima analisi, con una compromissione del sistema immunitario. Le persone più a rischio di carenza di selenio sono i malati cronici o i pazienti con diete particolari.

L’osservazione più recente riguarda i minori livelli circolanti di selenio nei soggetti anziani affetti da malattia di Alzheimer. Studi precedenti hanno infatti dimostrato una progressiva riduzione dei livelli circolanti di selenio con l’età, come conseguenza della combinazione tra la ridotta biodisponibilità, l’aumentato fabbisogno, i cambiamenti del metabolismo e il limitato apporto con la dieta. L’importanza del selenio per il cervello è suggerita anche dall’osservazione che, in caso di carenza nutrizionale, il cervello è il primo organo che subisce la perdita di selenio, e in caso di adeguata supplementazione è il primo organo a rifornirsi.

Contenuti scientifici tratti dal Dossier dossier sui minerali, vitamine e antiossidanti, a cura di Franca Marangoni e Andrea Poli – Nutrition Foundation of Italy – scaricabile da questo sito.

Magnesio valido alleato nell’alleviare stanchezza e gonfiori

Il magnesio gioca un ruolo importante nella struttura e nel funzionamento del nostro organismo che, nell’età adulta, ne contiene circa 25 grammi, per la maggior parte distribuiti nello scheletro e nei muscoli. Tra i processi nei quali questo minerale è maggiormente coinvolto ve ne sono alcuni metabolici essenziali, come la produzione di energia, il mantenimento della struttura delle membrane cellulari e del funzionamento degli enzimi in esse integrati. Gioca un ruolo importante inoltre, nella formazione dello smalto, la robustezza dei denti e delle ossa. Ma non solo. Il magnesio è essenziale per l’eliminazione dei liquidi in eccesso, influisce positivamente sulla circolazione periferica ed è utile nel combattere la ritenzione idrica, spesso responsabile del senso di pesantezza agli arti inferiori così frequente durante la stagione estiva.
Inoltre, i risultati di un recente studio indicano che il magnesio può ritardare l’aumento dei trigliceridi successivo all’assunzione di cibo e suggeriscono che il magnesio apportato dalla Dieta svolga un ruolo benefico sui processi dell’aterogenesi1.

Per tutte le funzioni fondamentali che svolge questo minerale per il benessere dell’organismo, è importante quindi che non ci siano carenze, i cui sintomi principali in caso di insufficienza sono affaticamento, debolezza e perdita di appetito. Soprattutto in estate, quando con la sudorazione di perdono liquidi e sali minerali, è utile assumere nuovi liquidi – preferibilmente acqua, spremute, tisane, infusi, tè – e reintegrare i sali minerali, sia attraverso l’alimentazione che con integrazioni mirate.

Il magnesio è contenuto in diversi alimenti, anche se in concentrazioni variabili; ne sono ricchi ad esempio i legumi, i cereali integrali e la frutta a guscio, ma anche i vegetali a foglie verdi, la carne, alcuni tipi di pesce (ad es. il tonno fresco) e il latte. Per il suo corretto apporto sono più nutrienti gli alimenti freschi, perché la cottura ne riduce sensibilmente la disponibilità.

1 Kishimoto Y, Tani M, Uto-Kondo H, Saita E, Iizuka M, Sone H, Yokota K, Kondo K. Effects of magnesium on postprandial serum lipid responses in healthy human subjects. Br J Nutr. 2010 Feb;103(4):469-72.

Dossier su vitamine e sali minerali, a cura di Nutrition Foundation of Italy

I probiotici, validi alleati per aiutare a combattere gli stati di raffreddamento

Le rapide variazioni di temperatura a cui siamo esposti durante l’inverno, favoriscono raffreddamenti che portano a stati di alterazione e malessere. E’ possibile mantenere il nostro benessere anche nei mesi più freddi dell’anno e far fronte a questi stati influenzali grazie all’alimentazione e ad uno stile di vita sano e equilibrato.

Un aiuto per combattere gli stati di raffreddamento è offerto dai “batteri buoni”. L’azione dei probiotici non si limita infatti alla più conosciuta funzione sull’intestino, ma il loro consumo regolare rappresenta un valido alleato per stimolare le difese immunitarie. Il consumo di probiotici incide sulla presenza e la gravità dei sintomi e il sistema immunitario è più protetto dalle infezioni in coloro che assumono probiotici rispetto a coloro che assumono un placebo. L’impiego dei probiotici in questa area della salute si prospetta quindi come particolarmente interessante (Corthesy et al., 2006; Lomax & Calder, 2009)*.

In età pediatrica i dati ottenuti suggeriscono che i probiotici possono rappresentare un mezzo sicuro per ridurre il rischio di otiti medie acute precoci ed il ricorso ad antibiotici per le infezioni respiratorie ricorrenti durante il primo anno di vita. Mentre, in età adulta, viene evidenziata una riduzione della durata degli episodi di Raffreddore di almeno due giorni, e della severità dei sintomi, tra i soggetti che avevano assunto il probiotico rispetto a quelli che avevano assunto placebo**.
Gli alimenti ed integratori con probiotici possono quindi essere un’utile risorsa che la natura mette a disposizione per favorire il benessere e aiutare a combattere gli stati di raffreddamento che costringono a letto tante persone durante i mesi invernali.

* Contenuti scientifici tratti da *Dossier Scientifico su probiotici e prebiotici, a cura di Franca Marangoni e Andrea Poli, NFI scaricabile da questo sito **Probiotici e salute – stato dell’arte basato sulle evidenze, redatto da NFI

Le numerose virtù della VITE da VINO (Vitis vinifera)

a cura di Antonello Sannia

Sono moltissimi gli alimenti che potrebbero essere definiti funzionali, ad es. vino rosso, soia, mandorle, olio di oliva, salsa di pomodoro, nocciole, pesce. Ma quando un alimento è funzionale? Si può definire così se è dimostrato con sufficiente chiarezza il suo effetto positivo su una o più funzioni dell’organismo, in maniera tale da essere rilevante per il miglioramento dello stato di salute o il benessere dell’organismo; deve inoltre poter esercitare i suoi effetti sulla base di un normale consumo e non deve necessariamente esercitare effetti su tutta la popolazione (cfr. EC Concerted Action on Functional Food Science in Europe – FUFOSE).

Tra gli alimenti funzionali, il vino rosso si distingue per le diverse attività benefiche per l’organismo. La vite da vino è originaria del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente ed è attualmente coltivata in molti paesi del mondo a clima temperato. E’ una pianta ricca di antocianosidi, flavonoidi e tannini. Contiene quindi una buona dose di polifenoli totali nonché di acidi organici, a loro volta dotati di azione antiossidante/antiradicalica.

Ricordiamo alcune delle sue funzioni:

  • azione venoprotettiva: la vitis vinifera è conosciuta da tempo per avere una valida azione protettiva sui vasi venosi, tonica e protettiva sui capillari. Le sostanze presenti nella pianta si fissano sulla membrana cellulare delle cellule dell’endotelio vasale, che è lo strato più interno della parete vasale a diretto contatto col sangue, contribuendo così a stabilizzarla e a proteggerla contro le aggressioni enzimatiche. Inoltre gli antocianosidi favoriscono l’attività biologica della vitamina C e stimolano l’attività dei sistemi enzimatici che intervengono nella sintesi del collageno.A questo proposito, sono stati effettuati alcuni studi clinici su pazienti affetti da insufficienza venosa moderata, per valutare se questi dati ottenuti in vitro fossero trasferibili anche in vivo nell’uomo. Essi hanno dimostrato, mediante una tecnica chiamata pletismografia, una diminuzione del 20% del tempo di riempimento dei vasi capillari e un miglioramento della velocità di scorrimento del sangue nel letto capillare del 30%, dopo 3 mesi di assunzione di 120 mg. al giorno di estratto di vite. Si ha dunque velocizzazione del flusso sanguigno capillare, il che consente di migliorare l’ossigenazione dei tessuti.
  • Azione cardioprotettiva e capillaroprotettiva: questa attività è legata alla sua potente azione antiradicalica, grazie alla quale si ha una maggior formazione di sostanze capaci di dilatare i vasi sanguigni. Inoltre gli antocianosidi contenuti del vino rosso riducono l’ossidazione del colesterolo LDL (quello cattivo), ostacolando la sua precipitazione nelle pareti dei vasi sanguigni. E’ proprio questa ossidazione la causa iniziale dell’ateriosclerosi.

Il paradosso francese

Le sostanze contenute nel vino ridurrebbero inoltre l’aggregazione piastrinica. Un consumo moderato di vino rosso, ma anche di frutta e verdura, in certe regioni della Francia, potrebbe contribuire in modo significativo alla spiegazione del cosiddetto paradosso francese, fenomeno per il quale in queste regioni il rischio di morte per malattie cardiovascolari è nettamente inferiore rispetto altre, nonostante che in esse il consumo alimentare di grassi sia piuttosto elevato e così come pure i livelli di colesterolo nella popolazione.

Un interessante studio clinico di popolazione ha indagato la mortalità di soggetti bevitori di alcolici in California. Sono stati arruolati 128.934 soggetti, dei quali si valutavano lo stile di vita, le condizioni sociodemografiche, le abitudini, l’alimentazione e la storia sanitaria tramite un questionario apposito. Essi venivano divisi in bevitori di solo vino rosso (3.128), di solo vino bianco (10.762), sia di vino bianco sia di vino rosso (15.461), di altri tipi di vino (4.619), di vino ma che non avevano indicato il tipo di vino (33.388), di altre bevande come birra e liquori (68.411). Questi soggetti venivano seguiti per 10 anni, registrando tutte le cause di morte. I dati hanno mostrato che i forti bevitori avevano una mortalità superiore a quella dei moderati bevitori, i quali ultimi avevano una mortalità inferiore ai non bevitori. In conclusione, lo studio conferma i dati presentati da moltissimi altri studi clinici, che indicano una riduzione della mortalità cardiovascolare per i moderati bevitori di vino rosso, specialmente se di sesso femminile. Attualmente si ritiene che la dose giornaliera ottimale di vino rosso sia di circa 200-220 ml nella donna e di 250-270 ml nell’uomo.

Gli integratori alimentari a base di Vitis Vinifera

A differenza degli alimenti funzionali, gli integratori alimentari sono invece fonti concentrate di nutrienti o altre sostanze con effetto nutrizionale, ad esempio vitamine, minerali, ecc. o fisiologico (ad esempio estratti vegetali), il cui scopo è di supplementare, integrare la normale Dieta e contribuire al benessere dell’organismo e si presentano solitamente in forme predosate. L’Estratto di Vitis Vinifera è contenuto in numerosi integratori alimentari ed è utile per l’attività del microcircolo e del circolo venoso, svolge un’attività antiossidante e migliora il trofismo dei tessuti (per saperne di più: rimando a Proteggere i vasi venosi dalla calura estiva)

Exit mobile version