Aminoacidi

Sono composti organici costituenti le proteine e quindi sono componenti indispensabili nell’alimentazione umana e animale.

Dei venti amminoacidi proteici, alcuni sono definiti essenziali Un amminoacido è definito essenziale se all’interno dell’organismo non sono presenti le strutture necessarie a sintetizzarlo; è perciò necessario che questo amminoacido venga introdotto con la dieta. Gli amminoacidi essenziali sono la lisina, la leucina, l’isoleucina, la metionina, la fenilalanina, la treonina, il triptofano, la valina e l’istidina.

Gli amminoacidi ramificati, L-leucina, L-isoleucina e L-valina, rappresentano circa 1/3 degli amminoacidi costituenti le proteine muscolari e, diversamente dagli altri amminoacidi, possono essere utilizzati direttamente dal muscolo come fonte energetica. L’esercizio fisico può determinare un maggiore fabbisogno di questi amminoacidi, in quanto ne determina un consumo. L’integrazione con amminoacidi ramificati prima dell’esercizio potrebbe attenuare la degradazione delle proteine muscolari durante l’esercizio stesso e promuovere il recupero di quelle danneggiate

La principale fonte degli amminoacidi per i mammiferi è rappresentata dalle proteine. Cibi particolarmente ricchi di proteine sono carne, pesce, uova, latte e derivati.

Le Linee Guida del Ministero della Salute sugli integratori a base di sostanze ad effetto nutritivo e fisiologico diverse da vitamine e minerali, indicano che le miscele di aminoacidi essenziali contribuiscono al soddisfacimento del fabbisogno proteico/azotato, mentre gli aminoacidi ramificati integrano la dieta dello sportivo ad un apporto massimo giornaliero di 5 g come somma di leucina, isoleucina e valina,

Acidi grassi

Gli acidi grassi rappresentano i componenti costitutivi di quasi tutti i lipidi e dei grassi vegetali e animali. Essi comprendono acidi saturi e insaturi, questi ultimi distinti in monoinsaturi e polinsaturi. Di solito gli acidi grassi saturi sono di origine animale e si trovano nei tessuti animali; gli acidi grassi insaturi invece sono contenuti negli oli vegetali.

E’ comprovato che la sostituzione nella dieta quotidiana dei grassi saturi con grassi insaturi contribuisce al mantenimento di livello normali di colesterolo nel sangue

Tra gli acidi grassi monoinsaturi il più comune è l’oleico, presente per circa il 70% nell’olio extra vergine di oliva. Tra gli acidi grassi polinsaturi, presenti ad esempio negli oli di mais, soia, girasole e nel pesce, due meritano particolare attenzione: l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico. L’acido linoleico è contenuto negli oli di mais, soia, arachidi, cartamo; l’alfa-linolenico è meno comune e si trova nell’olio di rosa mosqueta (36%), nell’olio di semi di lino (60%) e nell’olio di soia (circa il 7%).

Questi due acidi sono definiti essenziali perché l’organismo non li sa produrre e devono quindi essere assunti con la dieta. Entrambi sono precursori di acidi a più lunga catena e con più doppi legami (polinsaturi a lunga catena o PUFA), che, a loro volta, vengono trasformati in prodotti ad attività ormono-simile con effetti regolatori su diverse funzioni dell’organismo.

L’acido linoleico è il precursore della famiglia omega-6, (acido gamma-linolenico, più noto come GLA e l’acido arachidonico); l’acido alfa-linolenico è il precursore della famiglia omega-3, che comprende gli acidi EPA e DHA del pesce.

Ricordiamo che, dopo gli alimenti, una possibile fonte di acidi grassi è rappresentata anche dagli integratori alimentari.
 

      A cosa servono?

  • L’acido oleico, acido linoleico e alfa-linoleico (ALA) contribuiscono al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue
  • Acidi grassi EPA/DHA contribuiscono alla normale funzione cardiaca
  • Acidi grassi DHA contribuiscono al mantenimento della normale funzione cerebrale e della capacità visiva normale

Integratori a base di erbe

La consuetudine di assumere piante per integrare l’alimentazione ed aiutare l’organismo a far fronte agli eventi stressanti per la salute, prevedibili e imprevedibili, ha solide radici culturali e scientifiche. Le piante hanno accompagnato l’uomo dalle origini dei tempi sino all’era attuale; l’utilizzo delle piante a scopo salutistico-terapeutico, infatti, precede la comparsa dell’Homo sapiens. Frammenti di polline e di fiori di varie specie (efedra, centaurea, senecio, altea e achillea) sono stati trovati a Shamidar, nel nord dell’Iraq, in sepolture dell’epoca di Neanderthal (circa 60000 anni fa). L’uomo di Similaun, la cui mummia fu ritrovata sulle Alpi, portava con sé frammenti di un fungo, il Pitoporus betulinus (Bull.) Karst., che si ipotizza servisse per curare dai parassiti intestinali .

A un certo punto della storia dell’evoluzione l’uomo ha appreso come trarre vantaggio dell’arsenale di sostanze prodotte dal regno vegetale, usando le piante sia per curare vere e proprie malattie sia per mantenere un migliore controllo dell’omeostasi di numerosi processi fisiologici. In questo modo si difendeva non solo dalle aggressioni di batteri, funghi, sostanze esogene, ecc. ma migliorava il suo stato di salute e le capacità riproduttive. Le prime sperimentazioni sull’uso delle piante, come dei rudimentali trial, sono state probabilmente solo frutto del caso. Si ipotizza che in un periodo di terribile scarsità di cibo i primati, deboli ed affamati, abbiano avuto bisogno di alimentarsi con nuovi vegetali, mai provati prima, ricavandone un percettibile miglioramento delle condizioni di salute, le piante sono poi diventate parte delle abitudini alimentari e utilizzate come cibo o come medicina.

Nei secoli gli uomini hanno sperimentato un vasto numero di piante tra quelle che crescevano nel loro territorio, diverse da un’area all’altra della terra, anche se simili nelle proprietà salutistico-terapeutiche (adattogene, stimolanti, antiparassitarie, antinfiammatorie, ecc.). Lo hanno fatto sotto la spinta di comportamenti innati, appresi per trasmissione di madre in figlio e da una tribù all’altra, e per feed back evoluzionistici positivi che gli permettevano di difendersi meglio nell’interazione con patogeni e sostanze esogene ambientali. In questo ultimo caso, solo le popolazioni che consumavano una determinata pianta, ottenendone una maggiore resistenza ad una malattia, potevano sopravvivere e trasmettere la conoscenza alle generazioni successive perpetuandone l’uso (Hart, 2005 ; Johns, 1990 ).
Le Farmacopee tradizionali dei vari paesi rappresentano l’espressione scritta di questo processo, in continua evoluzione, di scelta e conservazione delle piante da utilizzare. Esse sono il frutto di millenni di osservazioni, a livello di popolazione, dell’ecologia delle piante e dei loro effetti benefici sull’uomo ma anche dei possibili problemi legati ad effetti tossici acuti e cronici.
Sfortunatamente l’avvento della medicina moderna, pur foriero di indubitabili enormi vantaggi per la salute dell’uomo, ha fatto dimenticare molte di queste interessanti e magari preziose conoscenze. È importante pertanto colmare sempre più il divario tra la conoscenza tradizionale delle piante e le conoscenze biomediche moderne se si vuole continuare a migliorare la salute dell’uomo ed incoraggiare la ricerca nel settore.

Minerali, vitamine e antiossidanti

L’associazione tra alimentazione, stile di vita e salute è ormai ampiamente riconosciuta. Una Dieta varia ed equilibrata, adeguata al livello di attività fisica, garantisce una condizione di benessere e svolge riconosciuti effetti protettivi nei confronti delle malattie cronico-degenerative, prime tra tutti quelle del sistema cardiocircolatorio, che rappresentano anche in Italia la prima causa di morte (ISTAT, 2010).

Numerosi studi epidemiologici, ad esempio, hanno confermato che tra le popolazioni che seguono una Dieta di tipo mediterraneo, ricca di frutta, verdura, cereali, legumi, grassi vegetali insaturi, si registra una più lunga aspettativa di vita e una minore prevalenza di malattie croniche, soprattutto (ma non solo) cardiovascolari. Alcuni studi di intervento, condotti cioè su volontari che hanno seguito una Dieta controllata per un determinato periodo di tempo, hanno dimostrato che gli effetti diretti principali a breve termine di questo tipo di alimentazione riguardano il controllo del peso (Razquin et al, 2010) e l’aumento delle difese dell’organismo contro i processi ossidativi (Urquiaga et al., 2010), i cui danni sono associati alle malattie cardiovascolari. D’altra parte l’aumento della capacità antiossidante della dieta, e quindi del consumo di cibi ricchi di composti antiossidanti si associa al miglioramento del metabolismo del glucosio e quindi alla riduzione del rischio di diabete di tipo 2 (Psaltopoulou et al., 2010).

La frutta e la verdura, ma anche il tè, il vino, il cioccolato apportano piccole quantità di sostanze, differenti tra loro, che hanno in comune un’attività di tipo antiossidante.

La cosmesi nutrizionale

Negli ultimi 30 anni il mondo dei cosmetici, sospinto da scienza e mercato, ha subito una graduale e sostanziale evoluzione. Partendo da una dimensione legata esclusivamente al trucco e al maquillage, la cosmesi si è infatti arricchita sempre più di contenuti salutistici.

E’ a metà degli anni 80 che fu coniato, per la prima volta, il termine “cosmeceutico”, per definire una sostanza, nè medicamento né decorazioneche, applicata topicamente, fosse in grado di cambiare lo stato della pelle e favorirne la fisiologia. Da quel momento il mercato della dermocosmesi si è sempre più specializzato nello sviluppo di prodotti mirati alla prevenzione dei fenomeni degenerativi legati all’invecchiamento della pelle e al mantenimento della sua fisiologia e bellezza.

Recentemente questo campo si è ulteriormente allargato, inglobando anche aspetti nutrizionali, e portando di fatto la cosmesi fin sopra le nostre tavole. Nutrire in maniera corretta la pelle e sostenere attraverso una adeguata integrazione la sua fisiologia, rappresenta infatti un nuovo trend del mercato della bellezza. La nutricosmesi, è il termine che identifica la possibilità di usare composti contenuti negli alimenti, attraverso la Dieta o specifici integratori, per favorire il benessere e la fisiologia della pelle, supportando quella che viene oramai definita “la bellezza dall’interno”.

Gli integratori per la pelle non rappresentano soloun promettente settore del mercato della salute, ma anche un tema di ricerca scientifica sempre più attuale, come riassunto in un articolo appena pubblicato su Journal of Cosmetic Dermatology dal titolo “Carotenoids and polyphenols in nutricosmetics, nutraceuticals, and cosmeceuticals”.
Non solo i dermatologi e i medici estetici ma anchei nutrizionisti sono sempre più interessati alle potenzialità salutistiche della Dieta per la pelle.

Gli Antiossidanti

Questo Dossier scientifico intende dare un contributo a fare chiarezza nel complesso mondo degli antiossidanti, alla luce delle recenti valutazioni espresse dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) in merito agli health claims, ovvero le indicazioni sulla salute a supporto della comunicazione degli integratori alimentare e degli alimenti.

Come AIIPA siamo da sempre impegnati a rispondere agli accresciuti bisogni di informazione da parte di consumatori e media, attraverso la realizzazione di numerosi strumenti informativi realizzati grazie al contributo e all’esperienza dei più qualificati esperti: Libri Bianchi sul comparto degli Integratori Alimentari e sul Regolamento Claims, Dossier scientifici a tema, il sito informativo integratoriebenessere.it, ricerche sociologiche e una continua attività di informazione/educazione al consumatore. Ci auguriamo che tali sforzi abbiano generato una migliore comprensione degli integratori alimentari.

Uno speciale ringraziamento al professor Giovanni Scapagnini per l’impegno e la preziosa collaborazione che hanno reso possibile questa Monografia.

Probiotici e prebiotici

L’interesse nei confronti dei probiotici è in crescita: e non solamente da parte del mondo scientifico, ma anche da parte del pubblico dei consumatori. Un atteggiamento che trova probabilmente giustificazione, oltre che nell’ampia disponibilità di prodotti con queste caratteristiche e nei consistenti investimenti pubblicitari delle aziende più attive sul mercato, anche nel grande numero di studi scientifici pubblicati negli ultimi anni sull’argomento, che a sua volta testimonia una crescente attività di ricerca nel settore. La complessità scientifica dell’argomento stesso, e delle sue numerosissime sfaccettature, è emersa in particolare negli ultimi mesi, in seguito alla pubblicazione dei pareri dell’EFSA sulla valutazione di claims sulla salute relativi a diversi probiotici ai sensi dell’art.13 del Regolamento CE 1924/2006.

Nella maggior parte dei casi EFSA ha eccepito su aspetti di natura metodologica (e specialmente sulla caratterizzazione dei ceppi proposti), ma per alcuni probiotici il gruppo di lavoro EFSA (il cosiddetto NDA panel – Nutrition, Dietetics and Allergies) ha rilevato che le pubblicazioni citate nella domanda e i dati in esse descritti erano insufficienti o inadeguati a dimostrare la relazione tra il consumo del prodotto e i benefici per la salute. Obiettivo di questa breve messa a punto è di valutare criticamente, in questo contesto, le evidenze scientifiche che supportano effetti favorevoli sulla salute di ceppi probiotici.